“Mai, mai, scorderai, l’attimo, la terra che tremò…” Prendiamo in prestito l’incipit della sigla di un indimenticabile cartone animato di qualche anno fa per parlare di film di fantascienza apocalittica. Si tratta di un tema che appassiona da secoli ed è stato affrontato in letteratura, musica e cinema. Esistono centinaia di lungometraggi ambientati in un mondo sconquassato da una pandemia, un meteorite o un collasso dell’economia dove gruppi di individui cercano di tirare avanti alla giornata sfruttando le poche risorse disponibili. La qualità delle pellicole spazia dal capolavoro sublime del Tarkovskij più ispirato fino alla pletora di B-movie che popolavano le videoteche negli anni ottanta e novanta. Qui vi proponiamo dieci film che non hanno raccolto gli elogi della critica ma che meritano di essere rivalutati sotto alcuni aspetti.
Ultimo rifugio: Antartide (Giappone, 1980) di Kinji Fukasaku
Uno dei film giapponesi più costosi di sempre con un cast di attori all’epoca all’apice della carriera come Glenn Ford, Henry Silva e Robert Vaughn. La pellicola di Fukasaku ispirata a un romanzo del 1964 di Sakyo Komatsu è caratterizzata da una vena cupa di disperazione. Un virus fuggito da un laboratorio segreto nella Germania Est si diffonde velocemente in tutto il pianeta decimando la popolazione. Il virus è inattivo a temperature polari e quindi i pochi superstiti, per lo più militari e politici, si recano nella Palmer Station in Antartide per sfuggire a morte certa. Quando sembra che nella tragedia ci sia una fiammella di speranza, una nuova minaccia nucleare dal Nordamerica metterà a repentaglio la vita dei fuggiaschi. Il film, decisamente inadatto agli amanti dell’happy ending, è un messaggio pacifista contro la guerra atomica che all’epoca sembrava incombente.
2019 - Dopo la caduta di New York (Italia/Francia, 1983) di Sergio Martino
All’alba degli anni ottanta, Cinecittà è una polveriera di idee pronte a realizzarsi tra un Bloody Mary e un’amatriciana. “2019 - Dopo la caduta di New York” è un esempio di rielaborazione italiana di pellicole prettamente statunitensi; nella fattispecie, si tratta di un incrocio tra “Fuga da New York” di John Carpenter e “I guerrieri della notte” diretto da Sergio Martino e sceneggiato da Ernesto Gastaldi che aveva collaborato con Bava e Fulci. Il lungometraggio, rigorosamente in low budget, è ambientato in un mondo post-atomico nel quale i pochi sopravvissuti all’olocausto sono diventati sterili. Il guerriero Parsifal, interpretato da un Michael Sopkiw ispirato a Kurt Russell, deve recuperare l’ultima donna fertile a New York in cambio di un passaggio per un altro pianeta. Stroncato dalla critica ma andato bene al botteghino, questo film è una sorta di saggio di fine anno sul post-apocalittico metropolitano. Adorato da Quentin Tarantino, con tutte le sue pecche e ingenuità è un must di ogni appassionato di questo sottogenere della fantascienza.
La notte della cometa (USA, 1984) di Thom Eberhardt
Il regista Thom Eberhardt, alla seconda prova dopo “Sole Survivor”, tira fuori una gemma low-cost che fa il verso ai grandi classici della fantascienza anni cinquanta ma dove al contempo si respira a pieni polmoni l’atmosfera patinata degli anni ottanta. In una Los Angeles assolata e traboccante di palme, l’arrivo di una cometa che passerà vicino alla terra è atteso con trepidazione. La mattina dopo l’evento, le sorelle Sam e Reggie che non hanno potuto assistervi scoprono che l’intera popolazione è stata polverizzata dalla cometa oppure si è trasformata in zombie in via di dissoluzione. Per loro inizierà un viaggio allucinante in una metropoli deserta dove assieme al camionista Hector Gomez dovranno difendersi da un manipolo di scienziati malintenzionati. La pellicola, che nel corso degli anni è diventata un cult, lascia sensazioni contrastanti: da una parte frivola e anticipatrice delle commedie giovanilistiche degli anni a venire, dall’altra risulta estraniante grazie alla fotografia violacea. Può essere definito un B-movie di qualità.
Hardware – Metallo letale (UK, 1990) di Richard Stanley
Al suo debutto, Richard Stanley realizza un film per metà Mad Max e per metà thriller cyberpunk. In uno slum di una metropoli semidesertica con problemi di approvvigionamento idrico, uno scavatore recupera frammenti metallici poi riassemblati da un rigattiere in una sorta di opera d’arte contemporanea. L’aitante protagonista interpretato da Dylan McDermott decide di regalarlo alla fidanzata, ma il rottame si rivela un robot assassino residuo di un’epoca precedente e in breve riesce ad autoripararsi minacciando di ucciderla. Siamo in piena categoria B-movie ma il mix di claustrofobia, tecnologia scadente e protagonisti patinati funziona. La storia è volutamente sopra le righe – sembra un fumetto – ma mai ridicola e anticipa le tematiche cyberpunk sviluppate nel decennio seguente. E, soprattutto, c’è Iggy Pop nei panni di Angry Bob.
Idiocracy (USA, 2006) di Mike Judge
In questo caso, l’apocalisse è intellettiva. Nel 2005 il giovane Joe Bauers, archivista dell’esercito e incarnazione dell’uomo medio, viene ibernato in un esperimento insieme all’avvenente prostituta Rita. Cinquecento anni dopo si risvegliano in un mondo dove il quoziente intellettivo è crollato e la popolazione mondiale, costituita da ritardati viziosi, ciondola in mezzo all’immondizia. Judge estremizza alcune tendenze attuali e ipotizza che l’intelligenza crollerà in futuro perché i più dotati evitano di fare figli. Commedia solo in apparenza da popcorn e risate, Idiocracy getta un fascio di luce su una prospettiva che nessuno aveva preso in considerazione. E, stando ad alcuni studi, viene quasi paura.
Sunshine (UK, 2007) di Danny Boyle
Dopo averci stupito con “28 giorni dopo” l’ormai affermato Danny Boyle riprende in mano l’apocalisse confezionando “Sunshine”. Nel 2057 il sole si sta spegnendo e la terra rischia il congelamento. Gli otto astronauti della Icarus II vengono spediti in missione per lanciare una bomba sulla stella in modo da farla tornare a funzionare e, se possibile, recuperare la nave Icarus I scomparsa sette anni prima. In questo caso dimenticatevi B-movie e low budget: le risorse a disposizione sono enormi e Boyle sa come usarle. L’atmosfera è quella giusta con immensi corridoi deserti, e gli occhioni azzurri di Cillian Murphy fanno sempre il loro dovere. Eppure, anche se gli ingredienti per un film memorabile ci sono tutti, qualcosa non torna. Forse la scelta di virare verso il genere slasher per accattivarsi le simpatie degli adolescenti, chissà. Non sarà “Interstellar”, però le critiche e il flop al botteghino sono una punizione troppo severa. Ecco perché è inserito in questa lista.
The Divide (Canada/Germania/USA, 2011) di Xavier Gens
Un ottimo film sull'apocalisse atomica che non ha saputo accattivarsi la simpatia dei critici. Sulla vibrante New York cade una pioggia di bombe atomiche e pochi sopravvissuti si rifugiano nel sotterraneo di un grattacielo per l’occasione reinventato come bunker dal custode. Dopo i primi giorni di sconcerto, la certezza che la civiltà è collassata e che i pochi militari in tute antiradiazioni non hanno alcuna intenzione di aiutare i civili fa sprofondare i protagonisti in un vortice di depravazione e crudeltà che non ha più nulla di umano. La critica ha espresso perplessità (eufemismo) perché l’unico tema del film è scoprire fino a che punto giungono i protagonisti, ma si potrebbe obiettare che parte del suo fascino derivi proprio da qui. Da notare un Michael Biehn in gran forma nei panni di Mickey e una Rosanna Arquette ispirata.
The Colony (Canada, 2013) di Jeff Renfroe
Fa freddo, tanto freddo in questa pellicola di Jeff Renfroe che vede un Laurence Fishburne in leggero affanno e un Bill Paxton (l’Hudson di Aliens) in una delle ultime apparizioni prima della scomparsa. Il mondo si è ghiacciato e l’umanità sopravvive in una serie di colonie sotterranee dove si cerca di coltivare quel tanto di piante e ortaggi per non morire di fame. Quando la colonia 5 riceve una richiesta di soccorso dalla colonia 7, viene organizzata una spedizione di recupero che si troverà di fronte a una realtà terrificante. Ora, occorre essere chiari: questo film lascerà impassibili tutti coloro non amino la fantascienza post-apocalittica. Ma, se siete del club, non potrete che restare affascinati da questa pellicola che combina tutti i clichè del genere.
The Rover (USA/Australia, 2014) di David Michôd
Forse la perla più sottovalutata di tutte. Girato con un pugno di denari nel profondo dell’Australia rurale, “The Rover” è un taciturno viaggio allucinato che lo spettatore compie alle spalle del ramingo Eric, interpretato da uno straordinario Guy Pearce, derubato della sua auto dieci anni dopo che la civiltà umana è collassata. La caccia del protagonista al suo Rover coinvolge uno spaesato Reynolds che ha le fattezze di un Robert Pattinson a suo agio nei panni del disagiato. Qui non ci sono citazioni, non ci sono ispirazioni, punti di riferimento né cliché: questo è un film che nasce da un sogno o più probabilmente un incubo. Regala emozioni non filtrate. Fatevi un regalo: guardatelo.
La notte ha divorato il mondo (Francia, 2018) di Dominique Rocher
Concludiamo con una pellicola transalpina leggera come una pennellata di acquerello, a dispetto della tematica post-apocalittica. Il giovane parigino Sam va a riprendere la sua roba in casa della ex fidanzata e si ritrova nel mezzo di un party. Si barrica in una camera per riposarsi e al risveglio scopre che la città è deserta e infestata di morti viventi. Poca azione, zero violenza, siamo lontani anni luce dalle pellicole a stelle e strisce. Eppure non ci si annoia affatto in questo film di fantascienza apocalittica di Dominique Rocher, vedere per credere.